Beato
Giovanni Paolo II, il tempo e l’eternità, la fede e il Concilio
Qualche mese fa, un giornalista sportivo
spagnolo, per commentare il gesto calcistico di uno dei tre migliori giocatori
al mondo, ricorse alla lezione di un autore latino, Seneca, secondo il quale nello spazio di un
secondo si può cogliere lo spazio
dell’eternità: il tempo, cioè, rimane sospeso in una dimensione che trascende
le categorie spazio-temporali.
Le 21.37
del 2 Aprile 2005 segnano un tempo precisamente circoscritto dentro parametri cronologici, ma pure li
oltrepassano, proiettando l’evento in una realtà senza tempo, pertanto infinita
ed eterna.
2 Aprile 2013: quando noi devoti del Beato
Giovanni Paolo II ci fermeremo un secondo, un solo misero e insignificante
secondo allo scoccare delle 21.37, sperimenteremo ciò che insegnava il grande
pensatore latino: “ convertiremo l’istante nell’eternità”. Ciò è possibile perché
Giovanni Paolo II vive nell’eternità, vive nello sguardo di Dio, mentre la sua
morte, l’ora della sua morte ( 21.37) rimarrà scolpita indelebilmente nel
nostro cuore, nonostante gli anni e la cronaca che travolgono tutto e tutti.
Beato Giovanni Paolo II con un bambino malato |
Quest’anno desideriamo ricordare Giovanni Paolo
II proponendo alcune sue riflessioni inerenti alla fede, riflessioni che egli,
da Cardinale, volle condividere con il suo popolo impegnato nel Sinodo
Diocesano da lui stesso istituito per far conoscere, comprendere e approfondire gli
esiti del Concilio Vaticano II ( iniziativa eccezionale se si pensa alle
condizioni in cui operava la Chiesa in Polonia!!). Al Sinodo parteciparono tutte
le componenti della società, soprattutto
laici e donne. Per aiutare i lavori e, in particolare, la diffusione
dell’insegnamento della Grande Assise conciliare, il Card. Wojtyla offrì un
contributo preziosissimo con il volume “ Alle
fonti del rinnovamento, studio sull'attuazione del Concilio Vaticano II”.
Il card. Wojtyla, già nel I capitolo, chiariva il
punto fondamentale, imprescindibile scaturito dal Concilio: la fede, il suo
arricchimento che, scriveva “ non è
nient’altro che la partecipazione sempre più piena alla verità divina”.
Egli, così, rimarcava la vera essenza
della Chiesa, la sua autentica autorealizzazione, al di là di interpretazioni
ermeneutiche offerte negli anni successivi, soprattutto in Occidente.
Con estrema lucidità, il futuro Papa chiariva in
modo inequivocabile quale fosse l’orizzonte a cui guardavano i Padri Conciliari: non
l’oggetto della Fede, le sue Verità fondamentali, cioè“ in che cosa bisogna
credere”, bensì l’essere cristiani, il suo significato e le sue implicazioni, “
che cosa vuol dire essere credente, essere cattolico, essere membro della
Chiesa”. Affermando questo, egli era consapevole che la questione riguardasse,
prima di tutto, l’uomo e la sua fede, o, meglio, la fede radicata nella
coscienza dell’uomo: solo questo radicamento avrebbe potuto determinare
l’atteggiamento, lo stile di vita, la cultura.
La fede, lungi dall’essere una astrattezza o pura
dottrina, è l’essenza stessa dell’uomo inserito nella “ realtà soprannaturale”
che, come scriveva Karol Wojtyla,
seguendo l’insegnamento conciliare,“ si
modella e si sviluppa come frutto di un incontro, all'inizio del quale sta la
rivelazione di sé da parte di Dio”. L’uomo, nella sua libertà, dono supremo
del Suo Creatore, può rispondere a tale incontro, con tutto il suo “ dinamismo
personale”che consiste nello abbandono a Dio: “ questa è la vera dimensione della
fede in cui non si tratta solamente di accettare un determinato contenuto, ma
di accettare la stessa vocazione e il senso dell’esistenza” (cfr. Alle fonti del rinnovamento, pag.16).
Il Beato Giovanni Paolo II, padre del
Concilio,uomo la cui esistenza è stata
una incessante preghiera in uno slancio d’amore contemplativo, ha incarnato in
modo sublime l’essenza stessa dell’insegnamento conciliare: le sue parole, i
suoi atteggiamenti, i suoi gesti, persino il suo registro stilistico, ma
soprattutto il suo coraggio, la sua libertà sono il riflesso di quanto scriveva
per il suo popolo all'indomani della chiusura dell’importante Assise.
Ecco perché le 21.37, un istante per
le lancette degli orologi umani, si sono “ convertite nell'eternità”!!