“ Dare la vita per le pecore” - 1
Dopo aver ascoltato la stupenda
pagina del Vangelo, la mente è ritornata ad un libro scritto dal beato Giovanni
Paolo II, “ Alzatevi, Andiamo” .
Vescovado di Cracovia, viaggio amicibresciani GPII |
“ Capita
a volte di sentire qualcuno che difende il potere episcopale inteso come
precedenza: sono le pecore, afferma, che devono andare dietro al pastore, e non
il pastore dietro alle pecore. Si può essere d’accordo con lui, ma nel senso
che il pastore deve andare avanti nel dare la vita per le sue pecore; è lui a
dover essere il primo nel sacrificio e nella dedizione”.
Nel Pastore qui descritto
possiamo riconoscere il Vescovo Karol Wojtyla che, divenuto Papa, ha
testimoniato fino a che punto possa giungere la missione di un pastore disposto
a spendersi fini all’ultimo per i fedeli, e non solo, a lui affidati.
Chè tutto questo fosse connaturato
alla vocazione di Giovanni Paolo II è documentato da altri due testimonianza. Wanda Poltawska, come
scrive nel suo “ Diario di un amicizia” ricorda che quando lei stessa chiese al suo amico
e Vescovo di Cracovia, di proteggersi,
lui rispose “ Non c’è la protezione, c’è l’olocausto”. E in una poesia
dedicata a S. Stanislao, l’ultima prima di essere eletto Papa, così scriveva
Karol Wojtyla: "Se
la parola non ha convertito, sarà il sangue a convertire"……E il sangue, di li a
poco, macchierà una veste bianca!!
Sia da semplice sacerdote, sia da Vescovo sia
da Papa ,Giovanni Paolo II ha vissuto il suo ministero come totale atto di donazione
a Dio e agli uomini, a partire dai
piccoli gesti fino al quello che non è esagerato definire “ martirio”. Ha
sfidato il potere per difendere la sua gente quando, a Natale, celebrava la
Messa di Mezzanotte non nel tepore
rassicurante di una solenne Cattedrale, ma all’aperto, tra un popolo a cui il
regime negava la costruzione di un piccola Chiesa. Non aveva paura di
affrontare il regime: memorabili le sue omelie, ma anche le sue azioni
·
Lottò per ottenere la processione del
Corpus Domini e l’abolizione delle successive restrizioni imposte dal regime
·
Lottò contro la chiusura della facoltà
di teologia presso l’Università di Cracovia.
·
Diede protezione e sostegno ai
movimenti, clandestini, che sorgevano per “salvare la gioventù polacca”:
partecipava agli incontri, anche estivi proprio per dimostrare alle autorità da
che “parte egli stesse”. “
·
Proteggeva i dissidenti del KOR,
Comitato di difesa degli operai
·
Istituì all’interno della Curia un “
ministero pastorale della carità” il cui compito era il coordinamento delle
varie attività, l’organizzazioni di ritiri spirituali per malati e
handicappati. In questo modo l’Arcivescovo proteggeva ogni iniziativa pastorale che, altrove, non avrebbe avuto
alcuna possibilità di realizzarsi.
·
Ordinavano clandestinamente sacerdoti cecoslovacchi,
nonostante il divieto da parte della Santa Sede che aveva proibito ai Vescovi
clandestini di procedere a simili ordinazioni
Inoltre il Palazzo
Vescovile non era la sede confortevole il cui accesso fosse riservato a pochi e
selezionati eletti, per lo più sacerdoti. Era, invece, il “ rifugio” per le
attività dei laici in un tempo in cui “ ogni
assembramento veniva considerato dalle autorità un’attività contro lo Stato”:
un esempio è costituito dal Consultorio Familiare, dallo “ Studium per la
Famiglia” , iniziative allora veramente rivoluzionarie anche per la Chiesa in
Occidente.
Il Palazzo Vescovile, era soprattutto la casa a cui “ tutti avevano accesso diretto” e il cui
“ingresso era consentito a tutti” .
In un contesto in cui ai
sacerdoti e ai catechisti era impedito di annunciare Cristo al di fuori dei luoghi di culto, non il
Vescovo non si “ rinchiudeva” nel Palazzo Vescovile, ma percorreva Km per
incontrare donne e uomini, bambini ed anziani nei più sperduti villaggi della
Diocesi. Le sue Visite Pastorali non erano assolutamente formali né limitate
nel tempo o circoscritta a pochi gesti simbolici. Duravano a lungo e, nel corso
di tali visite, non solo celebrava la S. Messa, ma confessava, visitava le
case, soprattutto quelle in cui vi erano persone malate; incontrava i sacerdoti, gli insegnanti, i giovani.
Suscita stupore leggere
quanto Giovanni Paolo II ha confidato ricordando il suo Ministero a Cracovia: “
Per quanto mi riguarda, è significativo
che non abbia mai avuto l’impressione che il numero degli incontri fosse
eccessivo” Per Mons. Wojtyla l’interesse per l’altro aveva inizio dalla
preghiera, “ dal colloquio con Cristo che
gli affidava i “ suoi”. E così confidava: “ Io
semplicemente prego per tutti ogni giorno. Appena incontro una persona, prego
per lei, e ciò facilita sempre i contatti”. Forse in questo consisteva il vero segreto
dell’Arcivescovo di Cracovia: vivere di pregare, rinnovare il suo fiat a
Dio e, in questo modo, donarsi ad ogni uomo che il Signore gli affidava, sempre
e comunque.
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