mercoledì 31 ottobre 2012


I  santi non invecchiano praticamente mai,  essi non  cadono mai in «proscrizione». Essi restano  continuamente i testimoni della giovinezza della Chiesa. Essi non diventano mai personaggi del passato, uomini e donne di «ieri». Al contrario: essi sono sempre gli uomini e le donne di «domani», gli uomini dell'avvenire evangelico dell'uomo e della Chiesa, i testimoni «del mondo futuro». (Lisieux, 2 giugno1980 )
 

I santi danno un segno, lasciano un segno del loro passaggio sulla terra. ..I santi sono sempre delle meraviglie di Dio. Essi sono l'incessante messaggio che Dio manda a noi tutti perché tutti siamo chiamati alla santità (Ars  6 ottobre 1986)


Pellegrinaggio amicibrescianiGPII, 24.08.2010
24 Agosto 2010, il nostro pellegrinaggio raggiunge una meta assolutamente impensabile solo poche settimane prima. Con trepidazione percorriamo la famosa via Franciska dove si trova l’Arcivescovado. Quante volte avevamo visto in TV quell’edificio divenuto così familiare!! Ora  stiamo addirittura per varcarne la soglia.Ma prima solleviamo lo sguardo per “incontrare” quello del Papa: una grande gigantografia collocata sulla “ sua” finestra, quella da cui si affacciava per dialogare con la sua gente, con i suoi giovani, accoglie i pellegrini quasi per indicare il protrarsi di una storia che non ha frontiere, non ha limiti. Saliamo quindi le scale che ogni giorno il Card. Wojtyla percorreva, spesso trafelato e “ di corso”, atteso dal suo popolo, in una parrocchia di città o campagna, oppure da un funzionario del governo, inconsapevole della sfida che, da lì a poco, avrebbe dovuto sostenere. Infine, si apre davanti a noi una porta che mai avremmo pensato di oltrepassare, la porta della cappella privata, il luogo da cui tutto ebbe inizio. Spinti da una forza indefinibile, non possiamo fare altro che inginocchiarci, sovrastati da un’emozione e da una letizia indicibili. “Scorrono di fronte a me, in questo momento, le immagini di quell’ormai lontano giorno, quando di mattina presto mi presentai nella residenza degli Arcivescovi di Cracovia, in via Franciszkanka, per ricevere l’Ordinazione sacerdotale, accompagnato da un piccolo gruppo di parenti e amici. Con emozione mi rivedo steso sul pavimento della cappella privata del Principe Metropolita; odo il canto del “Veni Creator” e delle Litanie dei Santi; attendo l’imposizione delle mani; accolgo l’invito a proclamare la Buona Novella, a guidare il Popolo di Dio, a celebrare i divini misteri. Sono ricordi incancellabili, che rivivo in questo giorno con indicibile gratitudine verso il Signore. Quale grande amore ci ha dato il Padre!: un amore che ci trasforma e ci spinge alla santità! La santità è vocazione universale rivolta ad ogni battezzato”. [ 1 Novembre 1996]. Ecco, noi ci troviamo in quella cappella e camminiamo lungo quel pavimento che, silenzioso, ha assistito alla “ trasformazione” di un  uomo divenuto tutto in Cristo proprio nel giorno in cui la Chiesa fa memoria di tutti i Santi, prefigurazione di un Disegno che oltrepassa la misura della storia  e  dell’uomo stesso.
In questo giorno così speciale, desideriamo lasciare la parola ad un giornalista-scrittore la cui storia ha in sé qualcosa di incredibile. Domenico del Rio, noto vaticanista, negli anni ’80 espresse non poche perplessità in merito alla figura del Papa Giovanni Paolo II nei cui confronti non risparmiò toni polemici, se non aggressivi. Contestava in particolare quelle che lui definiva “ forme trionfalistiche”, secondo lui, poco coerenti con l’immagine di quella “Chiesa umile e povera” proclamata dall’Assise Conciliare.  
Lo stesso giornalista, a distanza di anni, volle così  raccontare e commentare quanto vide in Piazza S. Pietro il 1 Novembre 1996.


«Dio è passato sui teleschermi nel giorno di Ognissanti. Abbiamo visto Dio, per un attinto, sul volto di Karol Wojtyla. È stato nel momento in cui, nel suo discorso, alla messa in San Pietro, il Papa si è proiettato dal tempo nell'eternità e si è estasiato già ora nella contemplazione del volto di Dio. Abbiamo visto il rapimento mistico di un uomo che svelava agli occhi del mondo la dolcezza e lo spasimo di essere sedotto da Dio « Tu mi hai sedotto, Signore» diceva il profeta Geremia. Doveva essere così per chi guardava il volto dei grandi mistici

Karol Wojtyla, col capo chinato, gli occhi socchiusi, proiettato nel futuro dell'eternità narrava quasi con un sussurro nella voce l’incanto  della visione del suo Signore: «Lo vedremo così come egli è, lo vedremo faccia a faccia, e lo vedremo quanti ci hanno accompagnato lungo il pellegrinaggio terreno».Sul volto immobile del Papa è passata per un momento quasi l'orma fisica di Dio. «Sono un viandante sullo stretto marciapiede della terra», ha cantato un giorno Wojtyla, «e non distolgo il pensiero dal tuo Volto, che il mondo non mi svela». Un giorno, in India, ha rivelato: «Quello che desidero raggiungere, quello che mi sforzo e mi tormento di raggiungere è vedere Dio faccia a faccia. Per questo vivo, mi muovo, esisto». C'era una messa, una grande messa, in San Pietro nel giorno di Ognissanti, con canti, suoni, ricordi, emozioni. Dio era certamente anche lì nei canti e nei suoni, ma per gente come noi, assuefatta a infiniti rumori e celebrazioni, Dio forse ci sarebbe sfuggito. L'abbiamo colto, invece, nel volto e nelle parole sussurrate di Wojtyla. Forse Dio è arrivato cosi come era apparso al profeta Elia sul monte Oreb, non in un vento gagliardo, non nel rumore del tuono, non nel fuoco del lampo, ma «nel fievole mormorio, nel grande silenzio». Ed Elia si era coperto il volto col mantello e, prostrato a terra, aveva adorato il Signore.
Nel mattino del giorno di Ognissanti, ci siamo prostrati a terra. Il volto di Wojtyla ci ha svelato quello che egli ha cantato in una sua poesia:”Dio venne fin qui, si fermò a un passo dal nulla, ai nostri occhi vicinissimo”».



Nel proporre questa preziosissima testimonianza, desideriamo ricordare anche Domenico del Rio, colui che  forse ha compreso, più e prima di molti altri, il cuore e la santità del Papa  Beato

lunedì 22 ottobre 2012


Beato Giovanni Paolo II

Oggi, anche se la nostra Diocesi non include nel suo calendario liturgico la memoria del beato Giovanni Paolo II, per noi è FESTA: ci uniamo quindi spiritualmente a tutti i nostri amici, non sono pochi, che nel mondo ricordano il Papa  beato attraverso varie iniziative. E’ infatti stupefacente constatare come in molte diocesi il pensiero e la preghiera siano oggi rivolti al Papa beato, segno certo di una devozione capace di varcare ogni barriera e confini. E’ notizia di qualche giorno fa:  negli Stati Uniti  la memoria liturgica è stata inserita nel calendario delle diocesi statunitense; questo vale per le diocesi del Gautemala, del Brasile, del Messico, mentre le reliquie saranno venerate a Lourdes. Per quanto riguarda l'Italia,  non possiamo dimenticare le iniziative dei nostri amici abruzzesi, siciliani, ovviamente laziali…Potremmo dire un mondo, il mondo che Giovanni Paolo II ha amato e per il quale si è speso fino alla fine. Un dialogo che continua, reso tangibile da un progetto particolarmente significativo e originale realizzato in provincia di Chieti: una mostra permanente che raccoglie 2000 biglietti depositati in Piazza S. Pietro a ridosso del 2 Aprile 2005.
In fondo, le migliaia di persone che si rivolgeranno a lui quale potente intercessore, lo faranno come se si trovassero davanti ad un padre, ad una persona cara, di famiglia, proprio come testimoniato da quei bigliettini e da molti altri lasciati ancora davanti alla sua tomba: non può essere diversamente.  
Elevando preghiere di intercessione, vogliamo soprattutto porci alla sequela di Cristo, aderendo sempre di più all' insegnamento del Papa che si può sintetizzare con le parole pronunciate da colei che, forse, lo conosceva più di chiunque altro; la dott.ssa Wanda Poltawska ha affermato in una recente intervista che “Egli credeva che la santità è semplice, è semplice obbedienza alla volontà di Dio..” Obbedire a Dio è quello che ha fatto per tutta la vita Giovanni Paolo II, con gli scritti, i suoi studi e la sua vita. Questa è la santità secondo Giovanni Paolo II!!

Un così grandioso insegnamento è il lascito più importante, è la sua eredità per noi che vogliamo accogliere sempre di più il suo invito, il suo grido, il suo anelito carico di amore: fate della vostra vita un capolavoro, siate santi.!!! 

martedì 16 ottobre 2012


16 Ottobre 1978 – 16 Ottobre 2012……La storia continua….

Sono trascorsi 34 anni, ma il ricordo di quanto accadde quella sera di ottobre del 1978 è ancora impresso nella nostra mente. Molti di noi non hanno dimenticato il luogo in cui si trovavano nel momento in cui il Card. Felici pronunciò quell’”Habemus Papam” che, ancora il mondo non poteva sapere, avrebbe realmente sconvolto il mondo. Noi, allora adolescenti, con l’istintività propria della nostra età, presi da un’esaltazione inspiegabile, provammo subito un sentimento, un’emozione non ben definibili, in un certo senso irrazionale: eravamo felici, entusiasti, fiduciosi, soprattutto fiduciosi. Non riuscivamo a spiegare razionalmente la nostra reazione, ma in cuor nostro percepivano che quell’uomo, il cui nome era allora impronunciabile, avrebbe rappresentato uno snodo nella nostra vita.  Del resto, che potevamo sapere dell’elezione di un Pontefice? E della Polonia? Per noi ragazzi era solo ed un unicamente un “nome” legato al “ casus belli” della II Guerra Mondiale, era una “ riga” del manuale di storia, che dovevamo conoscere per l’interrogazione di storia, niente di più, anzi!! Eppure, quel volto, quello sguardo, quelle parole pronunciate con quella voce “ lì”, quella libertà del gesto, sì, anche quel suo inconfondibile  modo di “ trasgredire” al protocollo  ci sorpresero positivamente.
Gli adulti, lo dobbiamo ammettere, non riuscirono a trattenere una certa delusione o, comunque, preoccupazione. In fondo erano abituati ad un Papa italiano, quindi ad uno stile diverso, più sobrio e contenuto. Il sorriso gioviale di Papa Giovanni Paolo II, la sua spontaneità, persino il suo vigore fisico,non corrispondevano alle attese e alle speranze di parte dei fedeli. Ma noi ragazzi percepivano che qualcosa di nuovo stava accadendo dentro la Chiesa, qualcosa che avrebbe sconvolto le nostre vite. Allora, come detto, non eravamo in grado di motivare reazioni così infantili, ma, nel corso degli anni abbiamo compreso, abbiamo cominciato a decifrare e a decodificare: Giovanni Paolo II, lontano da certi stili curiali, da certe conflittualità o dibattiti ecclesiologici, ci avrebbe “ presi per mano” facendoci vedere l’autentica bellezza della nostra fede. I suoi modi, il suo sguardo, la sua immediatezza ci comunicavano l’essenza del cristianesimo, ma soprattutto ci dicevano che lui, il Papa di Roma, non voleva tanto parlare “di noi” o “a noi”, ma stare con noi. Solo Dio sa quanto allora avessimo bisogno di questo..  E se lui si fidava di noi, noi ci saremmo fidati subito di lui, sicuri che avremmo trovato un padre, un amico, un Papa. E così è stato. E’ inutile negarlo, noi, adolescenti prima e giovani poi, guardavamo a lui come la guida sicura; era, in un certo senso, il nostro “ catechista”, il nostro educatore. A pensarci bene, ha dell’incredibile il fatto che, anche quando i suoi discorsi non erano di immediata comprensione, noi comunque capivamo “ tutto”, capivamo, cioè, che seguire Cristo, vivere la Sua Amicizia, costituiva la vera rivoluzione per noi che ci stavamo aprendo alla vita. Di fronte ad un mondo adulto “ esperto” nel polemizzare, nell’idealizzare dogmaticamente il dubbio e lo scetticismo, se non l’opportunismo indifferente, il Papa divenne sempre più la nostra roccia, la nostra sicurezza, il nostro “ amico” che sentivamo vicino, anzi, che “era vicino”.  Ed allora,  come conviene in un’amicizia, le sue sfide sono divenute le nostre sfide, i “ suoi amici”, i “ nostri amici”, la “ sua storia”, la “ nostra storia”. Man mano crescevamo, comprendevamo sempre più le ragioni di quell’entusiasmo, forse infantile, ma certo autentico ,con cui accogliemmo l’elezione del nuovo Pontefice: avevamo bisogno di qualcuno che ci proponesse una fede viva, capace di abbracciare tutto il nostro vissuto, compresa la nostra intelligenza ed i nostri sogni, piccoli o grandi che fossero; il Papa, quel Papa, ci avrebbe indicato la strada, avrebbe camminato insieme a noi perché la nostra fede non si inaridisse, ma vibrasse con tutte le corde del nostro essere.
Non stiamo dicendo che i dubbi non ci assalissero, che i “ perché” non ci tormentassero; non abbiamo, poi, mai nutrito l’illusione di diventare più bravi e più buoni. Quante cadute, oggi come allora, quante debolezze e quanta fatica lungo il nostro cammino! Eppure non ci siamo mai sentiti abbandonati e soli; dentro la nostra pochezza, abbiamo imparato a non aver paura del nostro limite, certi di un Amore più grande che nostro “ padre” ci testimoniava con ogni brandello della sua carne. Lui c’era e, con la sua immensa pazienza, non camminava davanti a noi, ma con noi!!
Noi, “suoi giovani”,  anche oggi esultiamo e gioiamo,  ma lo facciamo con il cuore grato e stupito di chi si è reso conto di essere stato toccato dalla grazia di Dio: questo abbiamo sperimentato e vissuto da quell’ormai lontana, ma anche tanto vicina, sera d’ottobre: una Grazia di Dio che continua nell’intercessione potente del beato Giovanni Paolo II. Siamo ancora qui, idealmente accanto a lui, per ricordare quel pomeriggio inoltrato d’ottobre, per continuare un cammino che ha il sapore dell’eternità…la storia continua…

domenica 7 ottobre 2012


Il Vaticano II nel pontificato di Giovanni Paolo II   [1]

La Chiesa si appresta a ricordare e rinvigorire la grande profezia del beato Giovanni XXIII: il Concilio Vaticano II. Permetteteci una piccola ma doverosa chiosa.
Nei mesi, ma anche negli anni successivi alla morte del Papa, si era diffusa una sorta di “ campagna ecclesiologica” attraverso la quale si tentava di dimostrare l’errata o, quanto meno, l’imprecisa e superficiale interpretazione e attuazione del Vaticano II nel corso del pontificato di Giovanni Paolo II. Responsabile, pur involontaria, una frase pronunciata dal suo successore che, in una famosa udienza, parlò della necessità di una “ corretta ermeneutica del Concilio Vaticano II”. Tanto bastò perché alcuni  commentari e  autorevoli osservatori insinuassero l’ipotesi secondo la quale quella “ corretta ermeneutica” si sarebbe realizzata solo in presenza di “nuovi cambiamenti” in senso alla Chiesa. Ovviamente la loro non era altro che una supposizione totalmente infondata e, fatto ancora più grave, prova di una miope ignoranza che aveva impedito di leggere e ascoltare con attenzione gli interventi di colui che il Papa Beato, un giorno, definì  “ amico fidato”. Sarebbe bastato che riascoltassero le parole dell’attuale Pontefice, per non alimentare dubbi e, con essi, il maldestro tentativo di archiviare un magistero luminoso e ricco anche sotto il profilo dottrinale e teologico, oltre che filosofico:
Io considero proprio una mia missione essenziale e personale di non emanare tanti nuovi documenti, ma di fare in modo che questi documenti siano assimilati, perché sono un tesoro ricchissimo, sono l’autentica interpretazione del Vaticano II. Sappiamo che il Papa era l’uomo del Concilio, che aveva assimilato interiormente lo spirito e la lettera del Concilio e con questi testi ci fa capire veramente cosa voleva e cosa non voleva il Concilio. Ci aiuta ad essere veramente Chiesa del nostro tempo e del tempo futuro. [ 16 Ottobre 2005]

Purtroppo, però, le insinuazioni, pur latenti, possono sortire effetti negativi, mentre certe posizioni, di fatto marginali, se enfatizzate, possono alla fine, prevalere nell’immaginario collettivo.
Negli anni immediatamente successivi al  2005, infatti, sia Vaticano II, inteso come pietra miliare della Chiesa sia il magistero conciliare di Giovanni Paolo II erano oggetto di analisi e disquisizioni tese a negarne valore ed efficacia. Non mancava chi, con una buona dose di ipocrisia, non negasse l’importanza dell’assise voluta dal Beato Giovanni XXIII, ma ne contestasse l’attuazione. Tale valutazione, dettata più da pregiudizio ed ignoranza, non teneva conto del fatto che a Cracovia, per esempio, il Vaticano II era stato studiato ed attuato grazie alle iniziative proposte dall’Episcopato e, in particolare dal Vescovo Wojtyla, come testimoniato da una serie di iniziative e da un saggio oggi quanto mai attuale: “ Alle fonti del rinnovamento, studio sull’attuazione del concilio Vaticano II”, lavoro purtroppo troppo poco conosciuto negli ambienti cattolici italiani!! Nei nostri prossimi interventi avremo modo di parlare di questo studio particolarmente significativo in quanto, come scrive il Card. Ruini nell’introduzione, “ l’interpretazione wojtyliana del Vaticano II, quanto più si radica in Cristo, tanto più invita a una grande e coraggiosa uscita dai discorsi autoreferenziali, dal proprio orto e recinto”.

La lunga premessa era necessaria, per comprendere l’eccezionalità di un’iniziativa promossa dalla Pontificia Facoltà teologia di S. Bonaventura in collaborazione con la Fondazione Internazionale Giovanni Paolo II: nei giorni 23 – 30 Ottobre 2008, a Roma si è tenuto un Convegno a cui hanno partecipato personalità di primissimo spesso e di notevole valore che hanno illustrato ed analizzato, sotto molteplici aspetti, il magistero e l’insegnamento di Giovanni Paolo II alla luce dei documento del Concilio.
Qualcuno di noi vi ha partecipato, avendo così la possibilità di vivere un’esperienza veramente arricchente, oltre che speciale in quanto fondata su un vero senso di comunione e amicizia capace di superare le barriere linguistiche e culturali..Chi era presente ha potuto sperimentare anche la semplicità e la disponibilità dei relatori pronti a interloquire con chiunque lo chiedesse e, questo, nonostante la loro posizione..
I vari relatori che si sono succeduti, hanno trattato tematiche particolarmente importanti ed impegnative. Per esempio, il prof. Buttiglione ha affrontato il rapporto della Chiesa con il mondo contemporaneo, soprattutto quello segnato dall’Illuminismo e dal Post Modernismo. In tal senso ha dimostrato quanto gli insegnamenti di Karol Wojtyla / Giovanni Paolo II siano radicati nel Concilio; attraverso un attento excursus storico e filosofico, ha quindi evidenziato come il Papa, autentico paladino della Libertà nella Verità,  si sia assunto il compito di restituire alla Chiesa la guida dei diritti umani in nome della dignità della persona umana.
Illuminanti poi le allocuzioni tenute da illustri prelati e professori: Mons. Sanna, Padre Giertych, teologo della Casa pontificia,la prof.ssa Tortorella, docente presso la Facoltà teologica San Bonaventura, e infine il Cardinale Caffarra, hanno messo in luce, secondo angolature diverse, in quale modo, nel magistero di Giovanni Paolo II in rapporto al Vaticano II, si espliciti il tema della dignità della persona. Per esempio: la vocazione della persona, la bioetica, la donna, la famiglia sono solo alcuni degli aspetti trattati. Particolarmente significative le sollecitazioni da parte di due autorevoli liturgisti:  Mons. Pietro Marini, già maestro delle celebrazioni pontificie, e il prof. Augè, nei nostri ambienti poco noto, ma certamente uno dei più qualificato liturgisti a livelli internazionale. Entrambi hanno di fatto sconfessato certi luoghi comuni relativi alle celebrazioni presieduti dal Papa Giovanni Paolo II: hanno infatti dimostrato che il Papa, in tale contesto, ha realizzato e, in un certo senso, portato a compimento, il senso del rinnovamento liturgico voluto dal Papa Paolo VI e dal Concilio. 
L’ampiezza e la profondità del pensiero del Papa sono state delineate dal prof. Massimo Borghesi che ha tracciato un profilo eccezionalmente puntuale circa il rapporto fede – ragione, a partire dall’Enciclica Fide set Ratio, pietra miliare per chi volesse avvicinarsi a tale fondamentale problematica. Non è certo possibile menzionare tutti i relatori o una sintesi dei loro interventi, ma è doveroso ricordare, almeno superficialmente, le conclusioni, lasciate a personalità internazionali di notevolissimo spessore. Il prof. Weigel, noto autore di monumentali biografie del Papa, il prof. Waldestein, docente di teologia presso l’Internationales Teheologisches Istitut in Austria e in Florida, hanno rilevato come Giovanni Paolo II, fedele alla scuola del Concilio, abbia posto le basi per un nuovo umanesimo cristiano che,  a partire da una visione cristologica e escatologica, sviluppi e incarni un’antropologia fondata sulla Verità, la libertà e la dignità dell’uomo. In un certo senso, questi ultimi relatori hanno evidenziato quanto dirompente sia stato l’impatto del pensiero e, quindi, del magistero di Giovanni Paolo II per la storia contemporanea.
Ciò che abbiamo proposto è solo una sintesi,per altro molto superficiale, ma sufficiente per dimostrare quale sia stato il ruolo del Papa Beato rispetto all’attuazione del Concilio Vaticano II: non dimentichiamo che egli fu uno dei padri conciliari offrendo il suo contributo per uno dei documenti più citati, la Gaudium et Spes, come dimostrato da alcuni studi recenti portati avanti in particolare da don R. Skrzypezak che, nella sua introduzione al libro “Karol Wojtyla al concilio Vaticano II così si esprime: “ Karol Wojtyla, quale Padre del Concilio Vaticano II è tuttora poco conosciuto…Papa Wojtyla era l’ultimo rimasto del gruppo dei Padri del Concilio Vaticano II. Questo fatto, unitamente alla prova della santità di vita, interviene in favore della sua incontrastata competenza nel formulare sul Concilio un reale giudizio di valore, diversamente da altri esegeti cjhe lo conoscono soltanto dai e testi e dalle relazioni…Nel pontificato di Giovanni Paolo II si può vedere oggi una chiave ermeneutica, o meglio, un codice d’accesso per un’oggettiva lettura e comprensione del messaggio conciliare in un preciso momento della storia del cristianesimo e della sua missione nel mondo..”