martedì 8 luglio 2014

“ Celebrando” una sconfitta

Due anni fa abbiamo voluto celebrare la vittoria di una squadra di calcio che, grazie al suo talento, aveva conquistato un terzo importante trofeo; oggi desideriamo rendere omaggio a questa stessa squadra, uscita prematuramente dal Campionato del mondo di Calcio che si sta disputando in Brasile.
Essere campioni del mondo ed essere eliminati dopo aver disputato solo due partite, può sicuramente demoralizzare, amareggiare, ferire: in effetti i giocatori della suddetta squadra hanno pianto, hanno sofferto, hanno provato dolore e delusione, persino hanno "litigato" , come può accadere in un qualsiasi gruppo quando le cose non vanno bene: si tratta di persone, di uomini e, come tali, hanno un cuore, presentano virtù e  limiti. La sconfitta e il fallimento, in tal senso,  possono costituire un' esperienza " positiva" , vorremmo dire, educativa, l’occasione per verificare l’autentica  umanità della persona, il suo vigore morale. Per comprendere ciò e' sufficiente volgere l' attenzione ad uno dei giocatori, il più rappresentativo in quanto artefice del trionfo mondiale di quattro anni fa e di quello europeo. Ebbene, dopo le due sconfitte, egli ha pianto, non ha nascosto tutto il suo dolore: il suo sguardo triste, “ perso” traduceva perfettamente una sua affermazione: “non ci sono parole per spiegare la delusione e il fallimento”.
Al di là del denaro, della fama, della popolarità, vi è l’umanissima tristezza di chi, preparatosi con impegno e animato dal desiderio di coronare i suoi sforzi, alla fine si è visto superato, sconfitto, calcisticamente umiliato. Ma nel frattempo abbiamo potuto ammirare l' assunzione di responsabilità: mai una parole contro qualcuno o qualcosa, piuttosto l’ammissione della propria inadeguatezza come di quella di tutta la compagine.  Non solo, nell' ultima partita, la sua centesima partita, non ha in alcun modo voluto attribuire valore al pur  importante traguardo personale, ma ha giocato da par suo, impegnandosi e dimostrando le sue indiscutibili qualità tecniche: si trattava di una partita inutile, l' ultima prima delle tanto agognate, e purtroppo premature  vacanze, eppure non ha esitato a dare tutto se stesso, come sempre, insegnando che la sconfitta, per quanto dolorosa, non detta la parola definitiva, anzi, può trasformarsi in una preziosa opportunità per misurare la propria forza, la propria tenacia, oseremmo dire, la grandezza di cuore; il giocatore di cui parliamo possiede tutto questo, come abbiamo potuto constatare in più di una circostanza, non ultima quella legata alla morte del figlio che la moglie attendeva.
Ci sono due momenti emblematici, immortalati da altrettante fotografie.  Al termine dell’ultima  partita, il suddetto sportivo si avvicina al suo allenatore e lo abbraccia: un abbraccio tenero, intenso, con il capo chino sulla spalla di colui che lo ha guidato ai trionfi; non era l' abbraccio tra un allenatore e un suo giocatore, ma tra un padre e un figlio, come confermato da quella carezza sul capo del suo giocatore da parte del mister.
L' altro momento e' stato altrettanto toccante: tornato a casa, amareggiato, affranto, forse preoccupato,umanamente preoccupato per il suo futuro calcistico,  come primo gesto ha sollevato la sua figlioletta, il suo più grande trofeo e, subito dopo, si è allontanato dall'aeroporto accompagnato da suo padre e da sua madre che, premurosa come tutte le mamma, reggeva i bagagli del figlio!
Sì, il  grande campione ha voluto anche, anzi, soprattutto nel momento della delusione, aver accanto a sé le persone più care, le uniche, insieme alla moglie, da cui si sente protetto ed amato, proprio come accade a ciascuno di noi.
In fondo, al di là delle vittorie, dei premi, delle coppe, ciò che conta veramente è la famiglia con i suoi affetti, i suoi valori, la sua forza. La famiglia dà sicurezza, gioisce e piange con noi, condivide i nostri successi, ci aiuta a rialzarci nel fallimento.
I successi sportivi possono riempire le pagine dei giornali per qualche giorno, per qualche anno, ma la famiglia rimane, sempre, cammina con noi, ci sostiene e dà senso alla nostra vita, è la ragione per cui siamo quel che siamo come uomini.
Il “ nostro” giocatore lo sa bene, talmente bene che, qualche giorno dopo il suo arrivo in patria, ha condiviso il suo tempo con ragazzi impegnati in un “ campus” da lui stesso voluto e patrocinato per insegnare non solo la tecnica calcistica, ma anche  lo spirito di sacrificio, il rispetto, la condivisione, l’umiltà, patrimonio valoriale, come lui stesso ama dire, ereditato dai suoi genitori. Un piccolo dettaglio costituirà  un ulteriore insegnamento per i “ suoi” ragazzi: di fronte alla possibilità che il ruolo di “ primo capitano”, che spetterebbe a lui di diritto, venga assegnato ad un suo collega, egli  ha così risposto ad un giornalista: decide l’allenatore. Una bella testimonianza per giovani impegnati nel loro percorso educativo e formativo!!

Mentre i media sono impegnati a celebrare squadre e campioni vincenti e i club a programmare il prossimo campionato con cifre da capogiro, un calciatore, per altro pluricampione ( 21 trofei vinti con la sua squadra, un campionato del mondo e due d’Europa con la selezione nazionale),  ci ricorda che la sconfitta, come la vittoria, non costituisce l’ultima parola, non definisce la nostra vita: il senso della nostra esistenza, il nostro stesso essere sono ben altro che una coppa, un trofeo, un “ pallone d’oro!!!

Desideriamo concludere questa particolare “ celebrazione”  di una sconfitta con una frase, pronunciata dal “ nostro” calciatore:

Héroes son los que luchan contra una enfermedad, o el que tiene que emigrar para dar de comer a sus hijos… Yo soy un privilegiado que juega al fútbol y que a veces tiene la suerte de hacer feliz a mucha gente metiendo un gol o dando un pase, ayudando a ganar un partido. Y eso es lo bueno de esta selección, que hemos dado un día de alegría a esos héroes anónimos sin muchas ocasiones para sonreír


( Eroi sono coloro che lottano contro una malattia o chi deve emigrare per dar da mangiare ai suoi figli..Io sono un privilegiato che gioca al calcio e che a volte ha la fortuna di far felice molta gente facendo un gol o con un passaggio, aiutando a vincere una partita. Ciò che è buono di questa squadra è aver dato un giorno di allegria a questi eroi anonimi che non hanno molte occasioni per sorridere)