San Giovanni Paolo II, libertà e Verità
Sono trascorsi
più di due mesi dalla canonizzazione di Giovanni Paolo II e Giovanni
XXIII. L’emozione è ancora palpabile nel nostro cuore, anche se, dobbiamo
ammetterlo, per quanto ci riguarda Giovanni Paolo II era già santo da molto
tempo; pertanto quanto accaduto il 27 aprile 2014 “ solo”sanciva ufficialmente
ciò che per molti di noi era già realtà dal 1 Maggio 2014, anzi da sempre.
Nonostante questo, lo stupore non si attenua, anzi si fa tremore, sgomento,
senso di inadeguatezza. Oggi più che mai, percepiamo come un compito non più
eludibile far sì che il grande insegnamento del Papa santo non “ ammuffisca”
sotto coltri di polvere. Il pericolo, in fondo, è proprio questo: considerare
la canonizzazione come alibi per archiviare
una volta per sempre il magistero del grande Papa, ridotto ad icona di
devozione, ma non considerato stimolo e arricchimento per la fede dei credenti.
Nulla di più errato, nulla di più devastante. La Chiesa contemporanea ha
bisogno di riscoprire, studiare, assimilare quanto san Giovanni Paolo II ha
lasciato in eredità in termini di testimonianza, ma anche di dottrina
magisteriale.
Un’attenzione rinnovata dovrebbe essere rivolta
alle encicliche che hanno segnato il cammino del pontificato e che possono
continuare a segnare quello della Chiesa universale.
La prima, in qualche modo quella programmatica, è
la “ Redemptor hominis”, che giustamente può essere ancora assunta quale Magna
Charta del XXI secolo
Giovanni Paolo II: “ Dio
ha rivelato la verità che la Chiesa deve custodire, ma nell’annunciare la
verità, che non proviene dagli uomini ma da Dio, bisogna conservare profonda
stima per l’uomo, per il suo intelletto, la sua volontà, la sua coscienza e la
sua libertà” ( R.H, 12). Si tratta di un’affermazione estremamente
importante in quanto chiarisce il rapporto tra libertà e verità, rapporto messo in crisi già nella
prima metà del XX° secolo ed oggi seriamente compromesso.
Il Papa, discepolo di una tradizione
bimillenaria, non riduce l’uomo ad una dimensione meramente provvisoria,
precaria, parziale; per lui l’uomo, immagine di Dio, è dotato di intelletto,
cioè della capacità di “ leggere le realtà più profonde, leggere in profondità ”,
pertanto, come scriveva Dante, della facoltà di avvicinarsi alla sapienza di
Dio. Detto con altre parole, Dio, nel suo immenso amore, creando l’uomo a sua immagina, ha permesso
alla sua creatura di realizzare pienamente se stessa mediante la sua
partecipazione, pur limitata, alle “ cose divine”. Qui risiede la dignità
dell’uomo, qui la sua grandezza, qui la sua unicità: l’atto di fiducia di Dio
provoca vertigine, è qualcosa di inaudito, verrebbe proprio da dire, “
dell’altro mondo”, se aggiungiamo il fatto che Dio rispetta a tal punto l’uomo
da donargli la libertà di rifiutare il
suo amore, quindi la verità di sé e su di sé!Ma Dio ha donato all’uomo una
libertà ancora più grande: “ Conoscerete
la verità e la verità vi farà liberi”, per cui, come scrive Giovanni Paolo
II, è esigenza primaria quella di essere onesti nei riguardi della stessa
verità, “ condizione di autentica libertà che è base della vera dignità”. Che
cosa significa questo? L’uomo deve evitare
“ qualsiasi libertà apparente, ogni libertà superficiale ed unilaterale, ogni
libertà che non penetri tutta la verità sull’uomo e sul mondo”. “ Tutta la
verità”, scriveva il grande Papa, il che significa non ridurre la nostra
umanità ad una dimensione parziale, legata spesso a desideri effimeri e
superficiali, non di rado dettati da condizionamenti esterni. In tal senso
l’invito rivolto dal Papa, più di molti altri, pur applauditi, appare veramente
rispondere alla dignità dell’uomo e testimonianza di autentico amore.
In un
tempo in cui valori prima innegoziabili, sembrano divenir negoziabili,
la lezione del Papa santo si rivela quanto mai preziosa e provocatoria per
credenti e non credenti.