domenica 16 settembre 2012


Una mattina di fine Agosto..a Rimini

Fine Agosto 1987: alcuni di noi sono a Rimini per vivere l’esperienza del Meeting. Già da qualche giorno una “voce” si aggira per i quartieri fieristici della cittadina emiliana.
La mattina del 29 Agosto, ci dirigiamo con animo trepidante verso la Fiera: si dice che verrà una importante personalità; qualcuno ipotizza il nome. C’è fermento, agitazione, emozione. Finalmente riusciamo a varcare i cancelli. La folla è enorme. Entriamo, a fatica, nel grande auditorium dove miracolosamente troviamo posto. L’attesa è quella delle grandi occasioni.  Improvvisamente dal fondo della sala sentiamo provenire prima un indistinto brusio, poi applausi sempre più vigorosi. Ci alziamo in piedi. Ed ecco, a pochi centimetri da noi, appare una donna, una piccola donna circondata da personalità molto più alte di lei, molto più “ distinte” e imperiose. Ma è lei che giganteggia, è lei che sovrasta tutti: gli occhi delle migliaia di persone presenti sono tutte rivolte a questa “ gracile” donna rivestita del solo suo sari, quello di sempre, quello che la accompagna tra i suoi poveri e tra i potenti della terra.
Qualcuno si ostina a sottovalutare la dimensione del “ vedere” preferendo quella dell’”ascoltare” ,come se la “ chiarezza” della parola possa sostituire la potenza e il primato della testimonianza; noi possiamo solo dire che “ vedere” la Madre Teresa di Calcutta è stata un’esperienza sconvolgente, capace di sovvertire il nostro essere e il nostro modo di pensare e, in un certo senso, di credere. Sono stati sufficienti pochi secondi per capire che cosa significhi “ Dio è Amore” : il sorriso, lo sguardo di Madre Teresa ci “parlavano” di una vita che, in quel preciso istante, veniva donata a noi, veniva offerta a noi perché  ne traessimo forza, consolazione e insegnamento. La sua voce poi è risuonata, lieve e maestosa, semplice e luminosa. 
Le sue prime parole, non poteva essere altrimenti,  risuonarono come un richiamo materno, dolce eppure così  autorevole: “ Chiediamo alla Madonna, alla Santa Vergine, di darci il suo cuore così bello, così puto, così immacolato, il suo cuore così pieno d’amore e di umiltà, cosicché noi possiamo ricevere Gesù nel pane della vita e amarlo come Lei lo ama scoprendolo nel più povero tra i poveri”. Impressionante!! In tale invito era concentrato tutto ciò che è l’uomo, tutto ciò che rende degna la sua esistenza.  Con stupefacente tenerezza,  ha poi invitato tutti noi a pregare e ringraziare i nostri genitori “ per averci amato, per averci voluto, per averci dato la gioia della vita”…In tale modo ci aiutava a prendere coscienza del valore della vita minacciata dell’atrocità dell’aborto. Lei che, lungo le vie del mondo, si incontrava ogni giorno con le più devastanti malattie, con la morte più disumanizzante, con i conflitti più tragici, non ha avuto timore di denunciare la causa prima delle guerre e dei drammi del’umanità:  riferendosi all’episodio evangelico in cui si racconta la visita di Maria ad Elisabetta, Madre Teresa, con il coraggio proprio dei profeti, così si espresse:“Sappiamo come oggi la madre stessa uccide il figlio, e uccide in lui l’immagine e la vita stessa di Dio”. Ha difeso veramente la vita, sempre e comunque ,perché amava ogni esistenza, anche la più derelitta e sfigurata;  amava perché, come ci ricordò, “ Gesù è venuto a recarci la buona Novella che Dio ci ama, e ci chiede di amarci gli uni con gli altri così come Lui ama, ognuno di Dio…Quando moriremo e torneremo nella casa di Dio, saremo giudicati per quello che siamo stati gli uni per gli altri” . Chiarì quindi che “ essere per gli altri”, non significa solo prendersi cura dei bisogni materiali, ma è qualcosa di più, molto di più: “ La fame, disse infatti, non è soltanto una fame di pane, è una fame di amore, è una fame di amore di Dio; essere ignudi non è soltanto mancare di abiti, essere ignudi vuol dire mancare di quell’enorme dono che è la dignità dell’uomo, della purezza; il non avere una casa non significa mancare di un edificio di mattoni, significa non essere voluti, non essere amati, essere cacciati, emarginati dalla società”. Madre Teresa, e questo ci colpì già allora moltissimo, non ci illustrò proposte astratte o per noi irrealizzabili; semplicemente e con una concretezza e lucidità impressionanti, ci disse che l’amore per gli altri ha inizio “ nelle nostre famiglie, nella nostra stessa casa” e, con altrettanta lungimiranza, ci indicò la strada: “ la preghiera”: “ il frutto della preghiera è un approfondimento della fede, il frutto della fede l’amore, il frutto dell’amore è l’essere al servizio, e il frutto del servizio è la pace…..Condividere la gioia di amare: questo è qualcosa che ogni essere umano deve poter sentire e provare. La gioia di amare non è quanto diamo, ma quanto amore contiene quel che noi diamo. Per questo è così importante pregare: pregare ci dà un cuore pulito e un cuore pulito può vedere Dio, e se voi vedete Dio, l’uno nell’altro vi amerete l’un l’altro come Dio ci ama”. Parole semplici, eppure così potenti da scuotere il nostro animo, il nostro cuore, la nostra mente di giovani che si aprivano alla vita. Ma, ed è questo l’aspetto più decisivo, quelle parole ci hanno colpiti pronunciate da chi viveva nella propria vita lo sguardo d’amore di Dio e questo sguardo donava ai fratelli!! Per noi, allora giovani,l’incontro con Madre Teresa rappresentò una delle tappe fondamentali per la nostra crescita umana, spirituale e morale, una grazia, certo immeritata, ma chiaro segno dell’amore di Dio.  
In quel giorno d’agosto, abbiamo cominciato a comprendere poi le ragioni di un legame solido e profondo, tenero e vigoroso: il legame tra Madre Teresa e Giovanni Paolo II, la piccola “ matita di Dio” e il Papa..Tra un “ fratello “ed una “sorella” che volle  recarsi subito al policlinico Gemelli quando seppe dell’attentato subito dal Santo Padre; fece inoltre recitare alle sue consorelle una bellissima preghiera, segno di un’amicizia e di una devozione profondi. .
Ancora non sapevamo, non potevamo saperlo, ma un giorno entrambi, come un disegno già scritto nella mente di Dio,  a pochi anni dalla morte, sarebbero stati beatificati, additati quali modello di quella santità che già in vita era loro riconosciuta.