Una mattina
di fine Agosto..a Rimini
Fine Agosto 1987: alcuni di noi sono a Rimini per
vivere l’esperienza del Meeting. Già da qualche giorno una “voce” si aggira per
i quartieri fieristici della cittadina emiliana.
La mattina del 29 Agosto, ci dirigiamo con animo
trepidante verso la Fiera: si dice che verrà una importante personalità;
qualcuno ipotizza il nome. C’è fermento, agitazione, emozione. Finalmente
riusciamo a varcare i cancelli. La folla è enorme. Entriamo, a fatica, nel
grande auditorium dove miracolosamente troviamo posto. L’attesa è quella delle
grandi occasioni. Improvvisamente dal
fondo della sala sentiamo provenire prima un indistinto brusio, poi applausi
sempre più vigorosi. Ci alziamo in piedi. Ed ecco, a pochi centimetri da noi,
appare una donna, una piccola donna circondata da personalità molto più alte di
lei, molto più “ distinte” e imperiose. Ma è lei che giganteggia, è lei che
sovrasta tutti: gli occhi delle migliaia di persone presenti sono tutte rivolte
a questa “ gracile” donna rivestita del solo suo sari, quello di sempre, quello
che la accompagna tra i suoi poveri e tra i potenti della terra.
Qualcuno si ostina a sottovalutare la dimensione del “
vedere” preferendo quella dell’”ascoltare” ,come se la “ chiarezza” della
parola possa sostituire la potenza e il primato della testimonianza; noi
possiamo solo dire che “ vedere” la Madre Teresa di Calcutta è stata
un’esperienza sconvolgente, capace di sovvertire il nostro essere e il nostro
modo di pensare e, in un certo senso, di credere. Sono stati sufficienti pochi
secondi per capire che cosa significhi “ Dio è Amore” : il sorriso, lo sguardo
di Madre Teresa ci “parlavano” di una vita che, in quel preciso istante, veniva
donata a noi, veniva offerta a noi perché
ne traessimo forza, consolazione e insegnamento. La sua voce poi è
risuonata, lieve e maestosa, semplice e luminosa.
Le sue prime parole, non poteva essere
altrimenti, risuonarono come un richiamo
materno, dolce eppure così autorevole: “
Chiediamo alla Madonna, alla Santa
Vergine, di darci il suo cuore così bello, così puto, così immacolato, il suo
cuore così pieno d’amore e di umiltà, cosicché noi possiamo ricevere Gesù nel
pane della vita e amarlo come Lei lo ama scoprendolo nel più povero tra i
poveri”. Impressionante!! In tale invito era concentrato tutto ciò che è
l’uomo, tutto ciò che rende degna la sua esistenza. Con stupefacente tenerezza, ha poi invitato tutti noi a pregare e
ringraziare i nostri genitori “ per
averci amato, per averci voluto, per averci dato la gioia della vita”…In
tale modo ci aiutava a prendere coscienza del valore della vita minacciata
dell’atrocità dell’aborto. Lei che, lungo le vie del mondo, si incontrava ogni
giorno con le più devastanti malattie, con la morte più disumanizzante, con i
conflitti più tragici, non ha avuto timore di denunciare la causa prima delle
guerre e dei drammi del’umanità:
riferendosi all’episodio evangelico in cui si racconta la visita di
Maria ad Elisabetta, Madre Teresa, con il coraggio proprio dei profeti, così si
espresse:“Sappiamo come oggi la madre
stessa uccide il figlio, e uccide in lui l’immagine e la vita stessa di Dio”.
Ha difeso veramente la vita, sempre e comunque ,perché amava ogni esistenza,
anche la più derelitta e sfigurata; amava perché, come ci ricordò, “ Gesù è venuto a recarci la buona Novella che
Dio ci ama, e ci chiede di amarci gli uni con gli altri così come Lui ama,
ognuno di Dio…Quando moriremo e torneremo nella casa di Dio, saremo giudicati
per quello che siamo stati gli uni per gli altri” . Chiarì quindi che “
essere per gli altri”, non significa solo prendersi cura dei bisogni materiali,
ma è qualcosa di più, molto di più: “ La
fame, disse infatti, non è soltanto una fame di pane, è una fame di amore, è
una fame di amore di Dio; essere ignudi non è soltanto mancare di abiti, essere
ignudi vuol dire mancare di quell’enorme dono che è la dignità dell’uomo, della
purezza; il non avere una casa non significa mancare di un edificio di mattoni,
significa non essere voluti, non essere amati, essere cacciati, emarginati
dalla società”. Madre Teresa, e questo ci colpì già allora moltissimo, non
ci illustrò proposte astratte o per noi irrealizzabili; semplicemente e con una
concretezza e lucidità impressionanti, ci disse che l’amore per gli altri ha
inizio “ nelle nostre famiglie, nella
nostra stessa casa” e, con altrettanta lungimiranza, ci indicò la strada: “
la preghiera”: “ il frutto della preghiera è un approfondimento della fede, il frutto
della fede l’amore, il frutto dell’amore è l’essere al servizio, e il frutto
del servizio è la pace…..Condividere la gioia di amare: questo è qualcosa che
ogni essere umano deve poter sentire e provare. La gioia di amare non è quanto
diamo, ma quanto amore contiene quel che noi diamo. Per questo è così
importante pregare: pregare ci dà un cuore pulito e un cuore pulito può vedere
Dio, e se voi vedete Dio, l’uno nell’altro vi amerete l’un l’altro come Dio ci
ama”. Parole semplici, eppure così potenti da scuotere il nostro animo, il
nostro cuore, la nostra mente di giovani che si aprivano alla vita. Ma, ed è
questo l’aspetto più decisivo, quelle parole ci hanno colpiti pronunciate da
chi viveva nella propria vita lo sguardo d’amore di Dio e questo sguardo donava
ai fratelli!! Per noi, allora giovani,l’incontro con Madre Teresa rappresentò
una delle tappe fondamentali per la nostra crescita umana, spirituale e morale,
una grazia, certo immeritata, ma chiaro segno dell’amore di Dio.
In quel giorno d’agosto, abbiamo cominciato a
comprendere poi le ragioni di un legame solido e profondo, tenero e vigoroso:
il legame tra Madre Teresa e Giovanni Paolo II, la piccola “ matita di Dio” e
il Papa..Tra un “ fratello “ed una “sorella” che volle recarsi subito al policlinico Gemelli quando
seppe dell’attentato subito dal Santo Padre; fece inoltre recitare alle sue
consorelle una bellissima preghiera, segno di un’amicizia e di una devozione
profondi. .
Ancora non sapevamo, non potevamo saperlo, ma un
giorno entrambi, come un disegno già scritto nella mente di Dio, a pochi anni dalla morte, sarebbero stati
beatificati, additati quali modello di quella santità che già in vita era loro
riconosciuta.