domenica 29 aprile 2012


“ Dare la vita per le pecore” - 1

Dopo aver ascoltato la stupenda pagina del Vangelo, la mente è ritornata ad un libro scritto dal beato Giovanni Paolo II, “ Alzatevi, Andiamo” .
Vescovado di Cracovia, viaggio amicibresciani GPII
 “ Capita a volte di sentire qualcuno che difende il potere episcopale inteso come precedenza: sono le pecore, afferma, che devono andare dietro al pastore, e non il pastore dietro alle pecore. Si può essere d’accordo con lui, ma nel senso che il pastore deve andare avanti nel dare la vita per le sue pecore; è lui a dover essere il primo nel sacrificio e nella dedizione”.
Nel Pastore qui descritto possiamo riconoscere il Vescovo Karol Wojtyla che, divenuto Papa, ha testimoniato fino a che punto possa giungere la missione di un pastore disposto a spendersi fini all’ultimo per i fedeli, e non solo, a lui affidati.
Chè tutto questo fosse connaturato alla vocazione di Giovanni Paolo II è documentato da altri due testimonianza. Wanda Poltawska, come scrive nel suo “ Diario di un amicizia” ricorda che quando lei stessa chiese al suo amico e Vescovo di Cracovia, di proteggersi, lui rispose “ Non c’è la protezione, c’è l’olocausto”. E in una poesia dedicata a S. Stanislao, l’ultima prima di essere eletto Papa, così scriveva Karol Wojtyla:  "Se la parola non ha convertito, sarà il sangue a convertire"……E il sangue, di li a poco, macchierà una veste bianca!!
 Sia da semplice sacerdote, sia da Vescovo sia da Papa ,Giovanni Paolo II ha vissuto il suo ministero come totale atto di donazione a Dio e agli uomini,  a partire dai piccoli gesti fino al quello che non è esagerato definire “ martirio”. Ha sfidato il potere per difendere la sua gente quando, a Natale, celebrava la Messa di  Mezzanotte non nel tepore rassicurante di una solenne Cattedrale, ma all’aperto, tra un popolo a cui il regime negava la costruzione di un piccola Chiesa. Non aveva paura di affrontare il regime: memorabili le sue omelie, ma anche le sue azioni
·         Lottò per ottenere la processione del Corpus Domini e l’abolizione delle successive restrizioni imposte dal regime
·         Lottò contro la chiusura della facoltà di teologia presso l’Università di Cracovia.
·         Diede protezione e sostegno ai movimenti, clandestini, che sorgevano per “salvare la gioventù polacca”: partecipava agli incontri, anche estivi proprio per dimostrare alle autorità da che “parte egli stesse”. “
·         Proteggeva i dissidenti del KOR, Comitato di difesa degli operai
·         Istituì all’interno della Curia un “ ministero pastorale della carità” il cui compito era il coordinamento delle varie attività, l’organizzazioni di ritiri spirituali per malati e handicappati. In questo modo l’Arcivescovo proteggeva ogni iniziativa  pastorale che, altrove, non avrebbe avuto alcuna possibilità di realizzarsi.
·         Ordinavano clandestinamente sacerdoti cecoslovacchi, nonostante il divieto da parte della Santa Sede che aveva proibito ai Vescovi clandestini di procedere a simili ordinazioni
Inoltre il Palazzo Vescovile non era la sede confortevole il cui accesso fosse riservato a pochi e selezionati eletti, per lo più sacerdoti. Era, invece, il “ rifugio” per le attività dei laici in un tempo in cui “ ogni assembramento veniva considerato dalle autorità un’attività contro lo Stato”: un esempio è costituito dal Consultorio Familiare, dallo “ Studium per la Famiglia” , iniziative allora veramente rivoluzionarie anche per la Chiesa in Occidente.
Il Palazzo Vescovile,  era soprattutto la casa a cui “ tutti avevano accesso diretto” e il cui “ingresso era consentito a tutti”  .
In un contesto in cui ai sacerdoti e ai catechisti era impedito di annunciare Cristo  al di fuori dei luoghi di culto, non il Vescovo non si “ rinchiudeva” nel Palazzo Vescovile, ma percorreva Km per incontrare donne e uomini, bambini ed anziani nei più sperduti villaggi della Diocesi. Le sue Visite Pastorali non erano assolutamente formali né limitate nel tempo o circoscritta a pochi gesti simbolici. Duravano a lungo e, nel corso di tali visite, non solo celebrava la S. Messa, ma confessava, visitava le case, soprattutto quelle in cui vi erano persone malate;  incontrava i sacerdoti,  gli insegnanti, i giovani.
Suscita stupore leggere quanto Giovanni Paolo II ha confidato ricordando il suo Ministero a Cracovia: “ Per quanto mi riguarda, è significativo che non abbia mai avuto l’impressione che il numero degli incontri fosse eccessivo” Per Mons. Wojtyla l’interesse per l’altro aveva inizio dalla preghiera, “ dal colloquio con Cristo che gli affidava i “ suoi”. E così confidava:  “ Io semplicemente prego per tutti ogni giorno. Appena incontro una persona, prego per lei, e ciò facilita sempre i contatti”.  Forse in questo consisteva il vero segreto dell’Arcivescovo di Cracovia: vivere di pregare, rinnovare il suo  fiat a Dio e, in questo modo, donarsi ad ogni uomo che il Signore gli affidava, sempre e comunque.

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