Il buio e la Bellezza
“Bisogna rilevare quel
torrente che trascina la nostra gioventù, ma che non si è potuta manifestare
fino ad ora. Quel torrente ha una fonte comune, sta in noi: l’Amore profondo, la
Libertà slava e non il desiderio ma la brama della Bellezza. L’arte non sia
soltanto verità realistica, o solo gioco ma sia soprattutto un’elevazione
architettonica, sia uno sguardo in avanti e in alto, sia la guida verso Dio,
abbia la dimensione dell’arcobaleno romantico: dalla terra e dal cuore umano
fino all’Infinito…Io non sono il cavaliere della spada, ma come artista vorrei
costruire il Suo (della Patria) teatro e la poesia, anche semipagato, con
l’entusiasmo e l’estasi, con tutta la mia anima slava, con tutto il mio zelo e
l’amore, con le maniche rimboccate..Che ci sia entusiasmo, che ci siano i
giovani e i santi, di Cristo e di Francesco”
Queste parole sono
state scritte da Karol Wojtyla due mesi dopo l’invasione della Polonia da parte
dei Tedeschi. E’ sorprendente constatare come un giovane diciannovenne, pur in
un contesto tragico, avesse già chiaro il profondo legame Arte – Patria – Dio.
Come era possibile che si parlasse di Bellezza, di Infinito, di Bellezza, di
Amore, mentre fuori i soldati occupavano le strade, entravano nelle case,
chiudevano scuole, Università e seminari e, nella loro spietata sete di sangue e
di morte, imprigionavano torturavano e uccidevano innocenti? Come era possibile,
mentre i sogni di molti ragazzi e giovani come Karol Wojtyla, venivano frustrati
e d annientati, sostituiti dalla dura lotta per la sopravvivenza? Se poi
leggiamo un altro passo, tratto sempre da una lettera inviata ad un amico, la
domanda si fa ancora più cogente: “ Tutto è azione della Grazia, tutto può
essere azione della Grazia, bisogna soltanto sapere e soprattutto volere
collaborare con essa, come ci insegna la parabola dei talenti. Allora penso che
alla Grazia bisogna sapere rispondere con l’Umiltà…”( Cracovia, 1940).
Non siamo certo in grado di
rispondere alla domanda, troppo vertiginoso è l’abisso spirituale del giovane
Wojtyla, noi possiamo solo registrare i fatti. Dopo il 1 Settembre 1939,a
Cracovia, ma non solo, la vita è improvvisamente cambiata, in particolare per
gli Ebrei, ma anche per le donne e gli uomini polacchi. Karol Wojtyla, come
molti altri giovani, costretto ad abbandonare gli studi, si guadagna, in un cava
di marmo ,i pochi soldi necessari per assicurare a suo padre anziano e a se
stesso l’essenziale per vivere; lui stesso informa gli amici, rassicurandoli e
raccontando la vita fatta anche di “ file per il pane, delle rare spedizioni per
lo zucchero e della nera nostalgia per il carbone". E, sempre ai suoi amici,
confida le sue incertezze, le sue angosce, i suoi turbamenti.
Forse noi non riusciamo a
comprendere, ma quello che possiamo giudicare un“ mieloso sentimentalismo”, è in
realtà l’essenza stessa del senso dell’uomo e della storia.
La Patria forgia e realizza
l’identità della persona e, per Karol Wojtyla, questa identità coincide
totalmente con la presenza dell’Amore di Dio (la Grazia) che abbraccia tutta
l’esistenza della Nazione. E l’arte ( Bellezza), così, diventa non solo
l’espressione capace di incarnare i valori profondi di questa Nazione, ma anche
la via attraverso la quale l’uomo può tendere verso l’Infinito. Allora ha senso
diventare “ cavaliere” per difendere la
Patria ferita, la libertà vilipesa e osteggiata. Allora ha senso affermare che
“ La libertà, la paghi con tutto te stesso – perciò chiamerai libertà quella
che, mentre la paghi, ti aiuta a possedere te stesso sempre di nuovo ( da “ Pensando Patria 1974), ha senso perchè, sempre come scriveva
Karol Wojtyla nell'Ottobre '39, " la nostra liberazione dovrebbe essere la
porta di Cristo"