sabato 10 marzo 2012


III Domenica di Quaresima..in compagnia del Beato Giovanni Paolo II

 E’ noto che il Papa si recava spesso nelle Parrocchie romane: queste visite non rappresentavano un momento meramente simbolico da inserire all’interno di un programma studiato e dettagliato,  piuttosto costituivano il cuore del suo essere Vescovo di Roma, del suo essere missionario della Nuova Evangelizzazione
Proprio in occasione di una di queste visite ( 6 marzo 1988) Giovanni Paolo II propone lucide e profonde riflessioni teologiche sulle Letture della III domenica d’Avvento. Le sue parole sono ancora straordinariamente attuali.
L’uomo di ogni epoca, consapevole o no, ha avuto sempre bisogno di trascendere sé, di  riconoscere la presenza di “ un altro da sé” capace di rispondere alle domande ultime del suo esistere. Il Papa ci ricorda che il “ vitello di metallo fuso” che il popolo di Mosè volle costruire, rivela l’impossibilità per l’uomo di vivere senza una presenza che lo oltrepassi, una presenza a cui rivolgere il proprio essere e a cui affidare il proprio esistere. Accadde in un certo momento per il popolo di Mosè, ma accade anche oggi. Ci viene però fatto notare che gli “ idoli” del popolo dell’Esodo, nella società contemporanea, sono divenuti “ subdoli dei”, potenti divoratori delle coscienze impegnati ad eliminare Dio dal cuore dell’uomo.  Per Giovanni Paolo II  “ vivere come se Dio non esistesse” ,  lungi dall’essere prova di menti libere, rende l’uomo ancora più schiavo del potere del Maligno, lo rende ancora più in balia di “ dei” disumani e disumanizzanti.
Dio, invece, conosce l’uomo, ne conosce i limiti tanto da donargli i Comandamenti, atto di amore di Colui che offrirà suo Figlio proprio per riscattare la limitatezza e il peccato della sua creatura. E il Cristo che caccia i mercanti dal tempio, così come aveva fatto Mosè sul Sinai, agisce per restituire all’uomo la sua reale consistenza liberandolo dalla prigkionia di quegli idoli che gli impediscono di essere se stesso, vera Immagine di Dio. L’episodio narrato in GV.2, 13 – 25 viene quindi riletto dal Papa in modo originale; egli  evita infatti quelle visioni eccessivamente “ pauperistiche”e moralistiche che tendono a ridurre la profondità del messaggio evangelico.
Giovanni Paolo II poi insiste, e non causalmente, su un punto:”Dio ha amato l’uomo nel mondo”. Tale sottolineatura ritorna spesso, non solo nell’omelia a cui ci stiamo riferendo, ma, più in generale, nel suo Magistero. Ed è interessantissimo notare come, proprio in quest’ottica, il Papa restituisca al termine “ filantropo” il suo esatto significato. Dio infatti, “ amante dell’uomo,  dona se stesso nel Figlio nel sacrificio sulla croce. Questa è la sapienza, la vera sapienza che costituisce la “ potenza dell’uomo”, quella potenza, ricorda sempre il Papa,capace di “trasformare profondamente il cuore umano”.